La solidarietà in azione: guarire la nostra umanità ferita attraverso una mobilitazione globale

di Samah Jabr

Il Cavallo di Jenin

A tutte e tutti i coraggiosi manifestanti, offro queste parole di lode e di incoraggiamento:
Sappiate che il popolo della Palestina vi guarda, legge i vostri striscioni e ascolta i vostri slogan!
Commossi dalla vostra solidarietà, troviamo conforto e forza nel vostro sostegno. Le vostre azioni contribuiscono a rigenerare i nostri legami di comune umanità ferita dai regimi egemonici che perpetuano l’ingiustizia sulla Terra.
Come psichiatra palestinese, testimone della recente ondata di militanza studentesca nelle università degli Stati Uniti in solidarietà con la Palestina e osservando allo stesso tempo la reazione locale dei palestinesi, sono colpita dal profondo potenziale terapeutico insito in questi movimenti.
Mentre il popolo palestinese continua a sopportare le brutali realtà dell’occupazione, dell’apartheid e della violenza inflitta dallo Stato israeliano, il sostegno inflessibile dei giovani militanti del mondo intero è un soffio di vita che allevia il nostro strangolamento sotto un’oppressione israeliana senza precedenti.
La censura delle critiche contro il sionismo e lo Stato israeliano gestita come misura di sicurezza all’interno delle università americane è una manifestazione inquietante del silenziamento sistemico delle voci pro-giustizia e pro-palestinesi.
Di fronte a questa repressione, le azioni coraggiose degli studenti e delle studentesse della
Columbia che hanno eretto delle tende nel campus e chiesto il disinvestimento dalle imprese che beneficiano delle attività israeliane sono degli atti audaci di sfida. Malgrado gli arresti e le misure di repressione prese dagli amministratori dell’università, la loro resilienza ha innescato manifestazioni simili in tutto il Paese e all’estero, dove i governi si allineano alle politiche israeliane.
In questo contesto, la solidarietà degli studenti degli Stati Uniti verso i palestinesi non è soltanto una posizione politica, ma un imperativo morale, etico.
Si tratta di un rifiuto importante della complicità storica dei governi e dei media americani nel loro sostegno all’occupazione israeliana e alla sua violenza contro il popolo palestinese.
L’ingenuità, la passività, l’apatia e l’insensibilità dei comuni cittadini hanno da sempre contribuito alla nostra tragedia nazionale allo stesso modo della malvagità e perversità dei leader dei regimi colonialisti. Ma solidarizzando con i palestinesi questi studenti e queste studentesse sfidano la narrazione dell’oppressore e propongono una contro-narrazione fatta di empatia, di giustizia e di umanità.
Grazie alle loro energie, il loro idealismo, la loro empatia e la loro sete di giustizia, questi studenti e studentesse, i giovani in generale, hanno il potenziale per costituire una bussola morale per qualsiasi nazione.
Il loro attivismo per la Palestina riflette un impegno per i valori universali dei diritti dell’uomo, della dignità e dell’uguaglianza. Inoltre, la loro volontà di sfidare le strutture di potere esistenti testimonia una profonda comprensione dell’interconnessione delle lotte globali contro l’ingiustizia.
Non si insisterà mai abbastanza sugli effetti terapeutici della solidarietà internazionale per i
palestinesi. Per un popolo che ha sopportato decenni di sfollamento forzato, espropriazione e violenza, la consapevolezza di non essere solo nella sua lotta è fonte di conforto e di
incoraggiamento.
Questo riafferma la nostra umanità di fronte alla disumanizzazione e offre un barlume di speranza per un futuro libero dall’oppressione.

Come psichiatra, io credo nel potere curativo della solidarietà. I suoi benefici sono reciproci,
arricchendo sia chi dà sia chi riceve.
Solidarizzando con i palestinesi gli studenti e le studentesse universitari e gli attivisti non soltanto difendono la giustizia, ma si impegnano allo stesso tempo in una guarigione collettiva dal senso di colpa e dall’impotenza legate al trauma vicario [inteso come esposizione indiretta a un evento traumatico che colpisce altri.
Le loro azioni incarnano i principi di empatia, di compassione e di riconoscimento che sono
essenziali per la costruzione di un mondo più giusto e pacifico. Spero che la loro solidarietà
continui a svilupparsi, al di là delle frontiere e delle barriere, fino al giorno in cui la Palestina sarà libera e la giustizia sarà realizzata per tutti.

30 aprile 2024, pubblicato su www.chroniquepalestine.com in inglese e in francese
Trad. it. dal fr. di Maria Rita Prette (Sensibili alle foglie).

24.03: Prendersi cura del mondo, attraversare la catastrofe

Pratiche di salute mentale in zone di conflitto, crisi e violenza politica

Siamo felici di invitarvi a partecipare a un momento di confronto tra realtà che in diverse parti del mondo si occupano di salute mentale in territori di conflitto, guerra e violenza politica.

L’incontro è aperto e si terrà online. È prevista traduzione simultanea in inglese, turco e spagnolo.

PER ISCRIVERTI E RICEVERE IL LINK: scrivi a brigatabasagliamilano@gmail.com
Oppure COMPILA IL FORM.

PROGRAMMA

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Appunti su trauma e violenza nel conflitto palestinese-israeliano

Di fronte a dolore e macerie, riconoscimento dell’Altrə, responsabilizzazione e azione collettiva

Alessandra Sanguinetti, Separation wall. Abu Dis, Israel. 2004. © Alessandra Sanguinetti | Magnum Photos
Alessandra Sanguinetti, Separation wall. Abu Dis, Israel. 2004. © Alessandra Sanguinetti | Magnum Photos

In questi giorni, attonitɜ e impotenti, stiamo assistendo a un massacro in tempo reale, in diretta mediatica. L’uccisione di migliaia di persone intrappolate nella Striscia di Gaza, con bombardamenti massicci, anche al fosforo bianco. Un popolo lasciato senza acqua e cibo, senza elettricità e medicinali. Gli attacchi indiscriminati anche in Cisgiordania da parte dell’esercito e dei coloni israeliani. Un attacco che lascia intendere una volontà di sterminio e di annientamento della popolazione palestinese disumanizzata e resa nemica, con una retorica criminale e islamofoba che sovrappone gli abitanti di Gaza con il terrorismo di matrice islamica. Definirla una guerra è scorretto, dato che non si stanno affrontando due eserciti nazionali, ma siamo di fronte a un esercito rifornito di ogni tecnologia e armamento che sta attaccando un territorio privo di uno Stato autonomo e densamente popolato, distruggendo ospedali, campi profughi, scuole piene di civili indifesi con la scusa di colpire una organizzazione terroristica.

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Samah Jabr: testimoniare durante il genocidio

Riceviamo dal collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e condividiamo la lettera della psichiatra palestinese Samah Jabr

“Signore e signori:

ogni mattina ci svegliamo con un’altra immagine orribile proveniente da Gaza. Oggi vediamo il video di un carro armato israeliano che investe avanti e indietro il cadavere di un civile palestinese.

Rispettato pubblico: Sono una consulente psichiatra, con una lunga esperienza con i professionisti della salute mentale a Gaza.  Ma non sono qui per parlarvi dell’impatto inimmaginabile di un genocidio sulla salute mentale dei palestinesi, né per romanticizzare il Sumud palestinese. Sono qui per avvertirvi dell’imminente collasso del nostro senso di comune umanità. In quanto palestinese priva di cittadinanza e alle prese con un livello di violenza israeliana senza precedenti a Gerusalemme e in Cisgiordania,faccio appello ai vostri principi universali di esseri umani affinché ci aiutino a denunciare la straziante realtà che si sta svolgendo a Gaza, un luogo che sta venendo segnato da uno dei capitoli più bui della storia. Le implacabili atrocità commesse di ora in ora a Gaza sono una macchia sulla coscienza dell’umanità, lasciando un segno indelebile sulla nostra capacità di relazionarci l’un l’altro come esseri umani.

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Samah Jabr: Il trauma collettivo del popolo palestinese

Samah Jabr è la presidente dell’Unità di Salute Mentale del Ministero della Salute palestinese. Il suo lavoro e il suo attivismo mettono in luce come l’occupazione israeliana sia un intreccio di un problema politico e di questioni legate alla salute mentale. L’intervento di Samah Jabr al nostro festival Contatto: pratiche di resistenza e liberazione, svoltosi lo scorso maggio presso la Cascina Torchiera, ci fornisce uno scorcio del trauma collettivo e generazionale dell’occupazione israeliana, della resistenza palestinese nell’organizzare i propri servizi di salute e dell’importanza della solidarietà internazionale nel creare reti di complicità e supporto. In un contesto globale in cui le istituzioni accademiche e mediatiche silenziano e ricattano le voci dissidenti, abbiamo ritenuto imprescindibile riportare le parole di Jabr, le quali ci aiutano a capire gli eventi delle ultime settimane a Gaza come parte di un genocidio iniziato nel 1948 e che chiedono la liberazione della Palestina.

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Oltre i muri. Sugli attacchi al popolo curdo e palestinese di queste ore

“L’occupazione israeliana non è soltanto una questione politica, è anche un problema di salute mentale. L’ingiustizia, le umiliazioni quotidiane e i traumi, di cui ciascun palestinese fa esperienza, feriscono ripetutamente la psiche individuale e collettiva del mio popolo” scrive Samah Jabr in ‘Da Dietro i fronti. Cronache di una psichiatra psicoterapeuta palestinese sotto occupazione’.
In queste ore si stanno verificando degli attacchi militari pesantissimi da parte di Turchia e Israele contro la popolazione di due terre da sempre martoriate perché oggetto di interessi economici e coloniali, il Rojava (la parte del Kurdistan nella Siria del nord ovest) e la Palestina.

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