Samah Jabr: testimoniare durante il genocidio

Riceviamo dal collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e condividiamo la lettera della psichiatra palestinese Samah Jabr

“Signore e signori:

ogni mattina ci svegliamo con un’altra immagine orribile proveniente da Gaza. Oggi vediamo il video di un carro armato israeliano che investe avanti e indietro il cadavere di un civile palestinese.

Rispettato pubblico: Sono una consulente psichiatra, con una lunga esperienza con i professionisti della salute mentale a Gaza.  Ma non sono qui per parlarvi dell’impatto inimmaginabile di un genocidio sulla salute mentale dei palestinesi, né per romanticizzare il Sumud palestinese. Sono qui per avvertirvi dell’imminente collasso del nostro senso di comune umanità. In quanto palestinese priva di cittadinanza e alle prese con un livello di violenza israeliana senza precedenti a Gerusalemme e in Cisgiordania,faccio appello ai vostri principi universali di esseri umani affinché ci aiutino a denunciare la straziante realtà che si sta svolgendo a Gaza, un luogo che sta venendo segnato da uno dei capitoli più bui della storia. Le implacabili atrocità commesse di ora in ora a Gaza sono una macchia sulla coscienza dell’umanità, lasciando un segno indelebile sulla nostra capacità di relazionarci l’un l’altro come esseri umani.

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Samah Jabr: Il trauma collettivo del popolo palestinese

Samah Jabr è la presidente dell’Unità di Salute Mentale del Ministero della Salute palestinese. Il suo lavoro e il suo attivismo mettono in luce come l’occupazione israeliana sia un intreccio di un problema politico e di questioni legate alla salute mentale. L’intervento di Samah Jabr al nostro festival Contatto: pratiche di resistenza e liberazione, svoltosi lo scorso maggio presso la Cascina Torchiera, ci fornisce uno scorcio del trauma collettivo e generazionale dell’occupazione israeliana, della resistenza palestinese nell’organizzare i propri servizi di salute e dell’importanza della solidarietà internazionale nel creare reti di complicità e supporto. In un contesto globale in cui le istituzioni accademiche e mediatiche silenziano e ricattano le voci dissidenti, abbiamo ritenuto imprescindibile riportare le parole di Jabr, le quali ci aiutano a capire gli eventi delle ultime settimane a Gaza come parte di un genocidio iniziato nel 1948 e che chiedono la liberazione della Palestina.

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Oltre i muri. Sugli attacchi al popolo curdo e palestinese di queste ore

“L’occupazione israeliana non è soltanto una questione politica, è anche un problema di salute mentale. L’ingiustizia, le umiliazioni quotidiane e i traumi, di cui ciascun palestinese fa esperienza, feriscono ripetutamente la psiche individuale e collettiva del mio popolo” scrive Samah Jabr in ‘Da Dietro i fronti. Cronache di una psichiatra psicoterapeuta palestinese sotto occupazione’.
In queste ore si stanno verificando degli attacchi militari pesantissimi da parte di Turchia e Israele contro la popolazione di due terre da sempre martoriate perché oggetto di interessi economici e coloniali, il Rojava (la parte del Kurdistan nella Siria del nord ovest) e la Palestina.

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Per il diritto alla casa

Il problema di non avere una casa in cui vivere è strettamente connesso a un senso di instabilità ed è causa di profondi vissuti di malessere psichico. Non ci vuole una laurea in psicologia per intuirlo.
Più volte abbiamo ribadito l’esigenza di unire le lotte che rivendicano diritti e una vita degna per tutt3.
Il caso dell’occupazione di Via Esterle 15 a Milano è la dimostrazione chiara dell’incapacità (incapacità a pensarla ingenuamente, perché più facile si tratti di volontà per chi ha approfondito il tema) dell’amministrazione comunale di far fronte e risolvere le tante questioni che le persone povere, e a Milano sono tante seppur volutamente nascoste dalla propaganda del modello Milano, devono affrontare nella scintillante capitale morale assediata dagli squali della ‘finanza’ e del ‘real estate’.
Per questo la Brigata Basaglia appoggia e supporta la resistenza allo sgombero degli abitanti di via Esterle 15, a cui tra l’altro non hanno dato alternativa per cui finiranno a vivere in strada, e invita tutt3 a unirsi al presidio permanente dalle 10 e all’assemblea pubblica alle 19.30 tutti i giorni.

Qui di seguito l’appello della Rete per il Diritto all’Abitare.

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Contagio, oltre il contatto

Come descritto nel Resoconto onirico, Contatto 23 è stato un festival e una festa, una catarsi liberatoria in tempi di catastrofi, lutti e disperazione. La nostra medicina contro la solitudine. Abbiamo ritrovato il contatto umano dopo l’isolamento sociale, abbiamo riso, ballato, mangiato, pianto e ascoltato collettivamente, siamo uscitə dalla nostra depressione e ansia individuale cercando un momento di estasi collettiva attraverso l’arte, la spiritualità, la musica, l’umorismo, le sostanze, la cura e l’affetto. Contatto 23 ci ha dato anche la possibilità di scambiare idee ed esperienze riguardo alla nostra salute mentale, al nostro benessere e alla possibilità di vivere una vita piena e dignitosa in linea con le riflessioni che lanciammo nella chiamata a Convergere per una salute pubblica, universale e comunitaria. Molte discussioni sono state attraversate da disaccordi comuni, dicotomie che hanno tagliato trasversalmente i tavoli in cui abbiamo dialogato di contenzione, ecologia, scuola, genere, sostanze, spazi urbani, migrazioni e conflitti. La multidisciplinarietà fa parte del nostro modello di supporto integrale e del nostro posizionamento politico conflittuale e opposto alla frammentazione del sapere, delle identità e all’alienazione della vita. 

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