di Liv.
È sera, l’afa della siccità morde la notte a Milano, domani è lunedì, qualcuno ancora fa festa sotto la luna, qualcuno è arrivato adesso, qualcuno torna a casa a passi inquieti, come me.
Cascina Torchiera sta al confine tra la vita e la morte, in un limbo fatto di musica, saggezze e polvere, sotto gli sguardi di spettri dipinti. Un attimo di distrazione e Viale Certosa quasi ti butta dentro al Cimitero Maggiore, in mezzo alle sue torri fatte di pizzo grigio, dove si respira un altro respiro. Bisogna ricordarsi di salutare con un cenno del capo e poi svoltare all’ultimo, verso quell’aiuola alberata incolta che sa di campagna – e poi si arriva. E se si arriva è perché dentro c’è qualcosa, dentro c’è quello che cerchi, perché al confine tra la vita e la morte non si capita mai per caso.
Stasera c’è Contatto, pratiche di resistenza e liberazione per la salute mentale e oltre.
C’è da cucinare, da parlare ai microfoni, c’è da sedersi in disparte, da camminare nella polvere, c’è da farsi capire e rapire. Decade ogni virtuale quando si è tutti presenti in carne, ossa e fremiti, ciascuno fatto di un incrocio di linee, pesi e sorrisi irripetibili, ciascuno molto più profondo e vivido di quel che ricordavi, con le sue orme d’ombra e le mani piene di scintille di vita. Contatto è un varco senza tempo su un pianeta popolato di forme di vita affini, di tutte le età, di tutte le specie, di tutte le facce, tutte insieme per giornate intere, a lanciarsi sguardi tra i pioppi, a parlare di cosa era e di cosa sarà, dentro e fuori dai sogni. Tre giorni a incrociare le nostre vite in una rete cucita attorno a quel che abbiamo di più caro. Tre giorni tra suoni obliqui, nella vertigine di un’umanità immersa, immensa, stretta forte, fortissimo, in libertà.
C’è chi inizia storta e finisce in equilibrio
C’è chi disegna su fogli volanti
C’è chi ha il terrore della gente e sta in un angolo a piegare la carta
C’è chi a ogni fine tavolo mette la musica a palla
C’è chi usa parole spiazzanti
C’è chi “dove ho messo lo zaino?”
C’è chi fa la pasta fredda col ghiaccio
C’è chi si siede e rivela il suo segreto più grande
C’è il gruppetto sempre in ingresso
C’è quello che non paga perché “ho già pagato ieri”
C’è chi vorrebbe stare altrove ma solo per metà
C’è chi s’innamora e non sa più di chi
C’è chi cita sempre Basaglia
C’è chi s’ingarbuglia e dice a tutti che non c’è più speranza (si sbaglia!)
C’è chi al buffet ha fame, fame, fame veramente
C’è chi non c’era eppure fa cadere bicchieri
C’è chi ha il cuore spezzato ma non vuol piangere più
C’è chi le parole d’ordine non le sa e allora dice la verità
C’è chi va a prendere l’acqua nella cascina senz’acqua e non tornerà
C’è chi in questo luogo ha messo radici di ferro e di fuoco
C’è chi dice sempre, da sempre, per sempre che non si fa mai bene niente
C’è chi “Ma è tutto vegano? Ma davvero? Incredibile!”
C’è chi “Ci vorrebbe una coccarda”
C’è chi non riesce a sollevare i boccioni dell’acqua
C’è chi non sa come si balla
C’è chi ha detto che viene ma poi non verrà
C’è chi osserva tutti senza pietà
C’è chi fa discorsi e dimentica come finire
C’è chi li vuole subito proseguire
C’è chi accende la miccia e poi fugge via
C’è chi sviene tra frammenti di lapidi e psichiatri
C’è la signora di ottant’anni che ha visto la mail e allora è venuta fin qua
C’è un felino che è pelo e santità
C’è chi abbraccia per caso una testa raggiante
C’è chi ha scelto di parlare con tutti, anche con chi ha più sogni che acqua
Ci sono le poete urbane, che fanno tutto al contrario ma giusto.
Stasera spicco il volo in questa notte opaca, m’inabisso negli occhi gialli del 14 e lascio che mi riporti là, dove ero anni luce fa.
Torno tra i vivi, non ero tra i morti. Torno dai morti, ero tra i vivi.